Ho sempre pensato che il Coworking fosse una di quelle cose che dovrebbe fare “il pubblico”.
Una volta (2011) ho anche girato un video in cui auspicavo “Un Coworking in ogni comune”…
Lo ripropongo perché – sapete una cosa? – non ho affatto cambiato idea.
In realtà, nei 14 anni successivi a questo video non sono nati 7.896 Coworking (uno per ogni comune italiano, appunto), però un po’ ne abbiamo fatti nascere e sviluppare.
Era stato un Sindaco a stimolarmi, quando decisi di affidare a YouTube questa testimonianza: mi sembrava una cosa giusta e intelligente ritenere il Coworking un’opzione fortemente vantaggiosa per i territori, dal punto di vista delle amministrazioni locali.
Il pubblico, in realtà, non si è poi attivato in modo particolare , o meglio: siamo stati principalmente noi operatori privati a sviluppare Coworking in moltissimi centri, grandi, medi, piccoli e piccolissimi.
Ma quello che io volevo (e voglio) dire è che
l’anima sociale del Coworking, la sua importanza sui territori, nei quartieri, per la qualità della vita delle persone che lavorano, rimane qualcosa di vivo e presente, anche se poi non sono le amministrazioni locali a crearli e promuoverli.
Non escludo che in giro per l’Italia ci siano spazi di Coworking a cura di comuni e operatori istituzionali vari, però di sicuro hanno un peso minore, direi residuale rispetto al resto.
Pubblico, privato: per l’utente non fa differenza. Ma per la città…
La differenza la fa il tipo di gestione socio-economica di un territorio, roba – appunto – da sindaci e amministratori locali.
Diciamo che un’amministrazione in grado di sintonizzarsi sulle esigenze delle persone a mio modesto avviso dovrebbe sempre fare in modo di incentivare il Coworking – anche non aprendo spazi in prima persona, ma trovando modi per farlo vivere – in quanto servizio profondamente utile, a livello sociale.
Vediamo perché.
Beh, innanzitutto, dove c’è un Coworking c’è un posto dove soggetti attivi in ambito professionale e imprenditoriale possono esercitare la loro attività.
Se pensate che sia banale, provate voi a mandare avanti una startup da casa!…
Oppure a firmare un contratto di affitto commerciale di 6 anni + 6 anni per una sede che chissà se poi davvero servirà per tutto questo tempo (probabilmente no, se va bene ci starà stretta, se va male toccherà fare i conti con penali e altre amenità).
Punto 2: il Coworking è per definizione un ambiente dove i contatti e le sinergie tendono a svilupparsi.
Credo di non sbagliare se affermo che questo è esattamente quello che ogni paese, ogni quartiere, ogni comunità si augura per il futuro: che nascano iniziative in grado di produrre benessere e posti di lavoro.
Certo non basta il Coworking (per carità, non siamo così megalomani!), però laddove il Coworking c’è, qualcosa di buono sta succedendo.
Anche perché in uno spazio gestito bene da cosa nasce cosa, come si dice, e a volte succede che 1 + 1 = 3, eventualità che nasce solo se 1 incontra un altro 1.
Se rimangono chiusi, ognuno tra le mura di casa propria… non si incontrano, poco ma sicuro.
E poi, i giovani.
Insomma: se un ragazzo o una ragazza decide di mettersi al lavoro seriamente su un proprio progetto, perché non può avere il beneficio di un ambiente professionale, dove siano presenti altri soggetti che possono aiutarlo, supportarlo, ispirarlo?
Coworking. Al Sindaco costa poco, per il cittadino vale tanto
Secondo me è dovere di un’amministrazione mettere le persone in condizione di dare il meglio sul lavoro, attraverso una modalità organizzativa che sappia essere, oltre che funzionale e sostenibile, anche di supporto e di stimolo.
Se ci si pensa, è un investimento molto piccolo, a fronte di un possibile esito – al contrario – rilevante, come quello di una nuova attività economica.
Non ho mai capito perché non ci siano più incentivi economici, più misure di supporto, in una parola più impegno da parte di chi gestisce i territori verso una cosa così semplice e poco costosa come uno spazio di Coworking.
Per la verità delle cose si sono viste, ma sono passati molti anni da quegli incentivi che la città di Milano, imitata poi da qualche Regione, erogò in varie fasi a coloro che decidevano di lavorare in Coworking, di fatto aiutando quel mercato a crescere e a svilupparsi.
Non si tratta solo di soldi
Ho sempre stimolato gli amministratori pubblici, quando ne ho avuto l’occasione, ad aiutare i Coworking sul proprio territorio.
Non devono necessariamente esserci finanziamenti o altre forme di incentivazione economica, ci possono essere molti modi di far conoscere uno spazio di Coworking, da parte di chi muove le leve istituzionali di un Comune, ad esempio.
Certamente le misure di sostegno economico sono sempre gradite – non per nulla il sito di Cowo tiene aggiornati i dati relativi a bandi pubblici di sostegno economico al Coworking su una pagina dedicata – ma, in tempi e in luoghi dove la risorsa economica scarseggia, un po’ di creatività potrebbe sopperire con qualche piccola-grande idea.
Esempio?
Esempio: incontro con il Sindaco.
Esempio: un link sul sito del Comune.
Esempio: una presentazione al Consiglio comunale.
Esempio: promuovere un incontro tra Coworking e associazioni di categoria.
Esempio: permettere al Coworking di presentarsi nelle scuole.
Esempio: suggerire alla pro loco di promuovere anche il Coworking, oltre al resto.
Come sono questi esempi?
A me sembrano sufficientemente semplici, credo che ognuno di noi, nel lavoro quotidiano, affronti problemi ben più complessi…
Dove si arenano i Coworking pubblici
Mi verrebbe da dire che li frega la burocrazia, ma se ci penso bene non arrivano nemmeno alla fase della burocrazia.
Perché non riescono a partire, anche avendo spazi (quale comune non ha spazi che non utilizza, parliamone), non ci si riesce mai a sbrogliare da questioni che comprendono:
le persone che ci devono lavorare
la responsabilità in termini di sicurezza
gli intralci strumentali dei politici di opposizione
la totale assenza di iniziativa individuale
il terrore panico di qualunque cosa
Davvero non li invidio… e sì che persone in gamba che lavorano negli enti locali ce ne sono!
Ma forse non è il Coworking nelle loro priorità, ma che dico priorità, non è proprio in nessuna lista, nessuna agenda.
Tranne… quando ci sono le elezioni: ebbene sì, qualche volta l’ho visto, far parte di qualche promessa elettorale (pensa un po’).
Ma non volevo né lamentarmi né criticare.
Per fortuna – anzi, per merito di chi ci lavora sodo in tutta Italia – il Coworking esiste, in tante città e paesi, e porta avanti quasi sempre un’idea di innovazione sociale.
Per tanti bei motivi che è un piacere per me elencare:
Costa il giusto
Non vincola : se e quando non ti serve più smette di essere un costo
Permette la flessibilità (hai bisogno di un desk in più, di una stanza in meno, di uno spazio per un evento… al Coworking c’è, quasi sempre)
Fa collaborare la gente, perché la gente, quando è insieme, si piace, e collabora
Ispira a dare il meglio
Sostiene nei momenti di difficoltà
Ti fa imparare delle cose – fosse anche come ci si comporta sul lavoro (vale per i giovani ma non solo)
Fa funzionare gli spazi che altrimenti verrebbero dismessi
Crea punti di interesse nei quartieri, anche nelle periferie
Mette in contatto le generazioni
Aiuta l’equilibrio vita-lavoro, in quanto rende sostenibile uscire di casa per svolgere la propria attività
Talvolta aiuta a trovare lavoro perché – amici miei – al Coworking capita anche questo, e non mi pare una cosa da poco
Potrei continuare, ma credo di aver reso l’idea.
Per tutto questo, credo che chi, in questi anni, si è appassionato all’idea del Coworking, chi si impegna a portarlo avanti trovando ogni giorno quel difficile-ma-necessario punto di equilibrio tra profitto e community, beh, secondo me merita apprezzamento e supporto.
Perché nel loro piccolo, in quei metri quadri di Coworking che gestiscono, spesso rendono il mondo un posto migliore.
Alla prossima newsletter, e grazie di avermi letto.
Buon Coworking e buona fortuna 🍀
👇
CowoMax, la newsletter di Massimo Carraro, fondatore di Rete Cowo®, viene pubblicata un paio di volte al mese su LinkedIn: iscriviti qui.