Non mi sono sbagliato, voglio proprio parlare del passato del lavoro.
Tutti parlano del futuro del lavoro.
Tutti immaginano scenari inediti, tecnologie rivoluzionarie, modelli organizzativi in continua evoluzione.
E il Coworking? Beh il Coworking viene spesso messo in questo pacchetto pieno di futuri possibili, con l’etichetta “innovazione”.
Io oggi vorrei ribaltare questa prospettiva. Vorrei parlare del passato.
Perché il Coworking, per molti versi, pur essendo – ovviamente – un approccio evolutivo di tante cose, ha anche un ricco DNA di cui non si parla abbastanza.
Credo in realtà, che sia un DNA un po’ insospettabile, a uno sguardo superficiale.
Eppure…
Molto del Coworking ha a che fare con elementi di valore che nascono nel passato del lavoro. Seguitemi 😉
La bottega
Per secoli si è imparato lavorando insieme, fianco a fianco: un maestro, alcuni apprendisti, contaminazione di saperi.
Era così per falegnami, sarti, tipografi, pittori.
La bottega non era solo un luogo produttivo, ma un laboratorio di crescita.
Il Coworking è la bottega di oggi: professionisti che condividono un open space, startup che si affacciano al mondo, aziende che testano nuove modalità.
Non c’è gerarchia rigida: c’è osmosi di competenze.
La piazza
Pensiamo alla piazza di un paese, al mercato settimanale: luoghi dove il lavoro non si faceva, ma si alimentava.
Si stringevano mani, si scambiavano notizie, si trovavano clienti, si consolidavano alleanze.
In tal senso, il Coworking non inventa nulla, se ci pensiamo…
Porta quella piazza dentro quattro mura, le dà forma contemporanea.
Che cos’è il famoso “networking” se non la prosecuzione naturale di quella piazza del paese, in versione digitale e fisica allo stesso tempo?
La comunità di mestiere
Prima che nascessero le grandi corporation, il lavoro era fatto in gran parte di legami professionali.
Corporazioni, gilde, associazioni, relazioni fondate su fiducia e reputazione.
Non c’era LinkedIn, non c’erano HR, ma c’era un capitale invisibile: la stima di colleghi e clienti. Negli spazi di Coworking questo ritorna con forza.
Non conta solo che titolo hai o che brand ti porti dietro…
Conta come ti presenti, come interagisci, quanto sei affidabile.
È la reputazione, nuda e semplice, che torna a essere moneta di scambio.
Il vicinato
Un tempo il lavoro si svolgeva molto più in prossimità rispetto ad oggi.
L’officina sotto casa, lo studio in centro, il negozio all’angolo.
Poi la modernità ci ha portato verso le zone industriali, i centri direzionali, i quartieri-dormitorio collegati con navette. I pullmann che ti portano all’Ikea.
Il Coworking ha riportato il lavoro dove deve stare: dentro il tessuto socio-demografico dove viviamo, nel paese, nel quartiere, a pochi passi dalla nostra vita reale , da dove andiamo a dormire la sera.
È anche per questo che funziona: perché riattiva i territori e ricuce il rapporto tra lavoro e vita quotidiana.
Tutto questo valore legato al lavoro, quando ce lo siamo giocato? Dove ci siamo persi?
A me pare che il modello d’ufficio che si è imposto nel ‘900 abbia cancellato tutto: cubicoli isolati, badge elettronici, orari rigidi, burocrazie sterili.
Abbiamo avuto un’idea di “professionalità” basata sull’individualismo e sulla standardizzazione.
E invece, il Coworking. Che non è un’alternativa “hip”. È un approccio culturale all’organizzazione.
Riporta nel presente valori che funzionavano, che i modelli organizzativi e aziendali hanno bellamente “dimenticato”.
Il presente del lavoro in Coworking
I quattro elementi che ho provato a richiamare – bottega, piazza, comunità, vicinato – secondo me sono fondamenta storiche del lavoro umano.
Il Coworking li prende, li attualizza, li rimette in circolo.
Per questo, quando sento dire che il Coworking è “il futuro del lavoro”, da un lato annuisco, perché… come negarlo?
Io stesso, con Rete Cowo® credo di aver contribuito a “far succedere” un pezzo di questo futuro, che in questi anni per molti di noi è diventato un presente.
Però penso anche che la narrazione del “Coworking come futuro del lavoro” sia un modo parziale e incompleto di guardare al fenomeno.
Perché secondo me il Coworking non è una fuga in avanti.
È un ponte: tra quelle cose buone e valide che il lavoro ha rappresentato in passato e la loro declinazione attuale, ricca di strumenti aggiornati e capace di guardare al futuro da un punto di vista migliore.
Grazie di avermi letto e alla prossima newsletter.
Buon Coworking e buona fortuna 🍀
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